
Comincia senza punte o, meglio, col povero Lavezzi solo là davanti, spalle alla porta e sperduto tra i difensori bianconeri e finisce col tridente. Scritta tra questi due estremi troppo distanti per non ispirare un sacco di perplessità, la partita degli azzurri. Di più facile e felice lettura, invece, il match del Siena che un punto voleva per sentirsi praticamente salvo e un punto prende. Buon per Beretta, che non modifica il suo solito disegno, però almeno in avvio rinuncia a Locatelli, che tra i suoi è forse il più imprevedibile e pericoloso. Fuori lui, invece, e dentro Kharja per un pizzico di forza e di prudenza in più. Bene, Reja ringrazia. Ringrazia e ricambia: dentro Bogliacino, infatti, e fuori sia Calaiò che Sosa. L’allenatore azzurro ripropone la formula-Parma. E come a Parma il Napoli governa la partita col possesso e col palleggio. Palleggio magari un po' forzato e ruvido mancando il Napoli di palleggiatori veri e bravi, ma di contro rinunciando a Lavezzi un'altra volta. Perché il Pocho da centrale, da prima punta smarrisce le sue qualità. Non trova spazi, non scatta, non va in fuga, non crea quasi mai problemi agli avversari. Ma se a Parma c'erano stati comunque spazi per gli inserimenti di Hamsik e di Bogliacino, la difesa bloccata di Beretta, il centrocampo raccolto e le distanze corte tra questi due reparti non lasciano agli azzurri corridoi, varchi per «entrare». D'accordo, si propongono bene Garics e Mannini sulle fasce, ma i cross, pochi per giunta, non sono mai di raffinata qualità e soprattutto mai trovano la testa d'un compagno. Cosicché emozioni zero, partita lenta e la convinzione sempre più convinta che il Napoli abbia bisogno di riferimenti certi là davanti. Bene. Di questo si convince finalmente pure Reja. Tre minuti, infatti, e Sosa comincia a prepararsi per entrare. Dieci minuti e il Pampa dà il cambio a Montervino. E qualcosa cambia. Cambia la filosofia del gioco azzurro. Finalmente il Napoli sviluppa ragionamenti anche d'attacco. Non si rifugia più nella noia del giropalla e basta, non punta solo sulla corsa di Garics e di Mannini per guadagnare la profondità, ma torna a giocare anche in verticale. Ci prova e spesso ci riesce, anche perché con Sosa alto e centrale il «fulmine» argentino si sposta a sinistra e da lì parte, scatta, taglia, cerca il tiro. Così il Napoli è più vivo. Così il Napoli arriva pure a tre centimetri dal gol. S'aprono spazi, infatti, e dai sedici metri (21') il sinistro di Bogliacino centra il palo. È il segno della crescita della squadra in campo. Anche se, in verità, sul prato ancora non c'è traccia - e neppure ci sarà più avanti - di un Napoli deciso e determinato (pur sapendo del Genoa in svantaggio sul suo campo) a dar olio alla lampada accesa da Marino e Reja davanti alla speranza d’Intertoto. Comunque sia è evidente che con due punte, pur non facendo chissà quali cose, il Napoli va meglio, non tradisce il suo passato e tiene in ansia il Siena che Beretta coi cambi fa sempre più prudente e più raccolto. Negli ultimi minuti il Napoli cerca il gol della vittoria. Aumenta il ritmo, disegna geometrie che mettono pensieri ai bianconeri, becca qualche ripartenza bianconera, mette in campo anche il tridente e in pieno recupero e anche un poco dopo si vede negare due rigori. Il primo netto, quando un difensore aggancia Bogliacino e lo mette giù; l’altro, più sì che no, quando nell’ultima azione Loria sbilancia Sosa che cerca palla con la testa. Però è vero pure che la premiata ditta Giannoccaro-Costa, il primo assistente, appena prima (39’) aveva cancellato un autogol di Garics (ardito e spettacolare il colpo di testa dell’azzurro a fregare involontariamente Iezzo) considerando in fuorigioco Riganò, la cui posizione era invece ininfluente. Errori gravi tutti e tre. La vittoria del Siena, però, sarebbe stata una bella beffa. E anche un'ingiustizia.
FONTE : Il Mattino