
Domenica sera è stato scaricato da Pierpaolo Marino, lunedì mattina è stato incalzato dal giudice: giorni difficili per il centrocampista azzurro Emanuele Blasi, che oggi tornerà ad allenarsi con il gruppo portandosi dietro il peso della preoccupazione per la richiesta di apertura di un fascicolo a suo carico con l’ipotesi di calunnia nei confronti della Gea, falsa testimonianza e reticenza. Il primo colpo è arrivato, dunque, dalla società azzurra, domenica sera, dopo il pareggio col Siena: «Se dovessimo perderlo ce ne faremo una ragione», ha laconicamente sentenziato Pierpaolo Marino parlando di Blasi e delle troppe assenze per squalifica. Quasi un lasciapassare per l’addio del centrocampista alla fine della stagione. La seconda mazzata, con drammatico tempismo, è arrivata dopo poco più di dodici ore, davanti al giudice Fiasconaro, presidente della decima sezione penale del tribunale di Roma. È in corso il processo Gea, contro Luciano e Alessandro Moggi, Franco Zavaglia, Francesco Ceravolo, Pasquale Gallo e Davide Lippi, che è l’attuale procuratore di Blasi: l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata all’illecita concorrenza. In pratica i procuratori del gruppo Gea sono accusati di aver fatto pressione sui calciatori per imporgli di entrare nella scuderia e lasciare i vecchi agenti. Uno degli agenti che si reputa parte lesa è Stefano Antonelli, il quale era procuratore di Blasi prima che questi si trasferisse alla Gea. Antonelli ha registrato le ultime telefonate con il giocatore e con il padre del giocatore, Claudio. In aula sono state ascoltate le telefonate in cui Blasi dice di essere costretto al passaggio alla Gea, per ottenere il contratto alla Juve: «Se sto con te non mi fanno firmare», dice riferendosi all’accordo da oltre un milione di euro, pronto con la Juve. Più chiare le parole del papà di Blasi al telefono con Antonelli: «Noi siamo ricattati, la posta in palio è alta, ogni tanto bisogna abbassare la testa». Dopo aver ascoltato le registrazioni telefoniche, il giudice ha chiamato a testimoniare proprio Emanuele Blasi il quale ha dichiarato di aver inventato tutto per liberarsi di un procuratore con il quale non voleva più avere rapporti. La testimonianza del giocatore, però, non ha convinto il pubblico ministero Luca Palamara. Secondo il pm ci sono stati troppi «non so» e «non ricordo», e la versione fornita dal giocatore non lo ha convinto pienamente, al punto da chiedere la trasmissione degli atti alla Procura per valutare l’ipotesi di falsa testimonianza, reticenza e calunnia. Sarà la Procura di Roma, adesso, a decidere se la posizione di Blasi è regolare o se il calciatore dovrà essere indagato per i reati ipotizzati ieri.
FONTE : Il Mattino
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