
«La cocaina ti annebbia. Invece di farmi sentire meglio, mi chiudeva in me stesso. Non ho goduto delle mie figlie, non le ho viste crescere. Si rendevano conto che ero drogato e, quando volevo baciarle, scostavano il viso». Nella casa della sua infanzia a Villa Fiorito, Diego Armando Maradona si racconta a Emil Kusturica, autore del film sul Pibe de oro presentato fuori concorso al Festival di Cannes. Nel colloquio con l’amico regista serbo, pubblicato dal settimanale «Abc», Diego parla senza veli del suo rapporto con la cocaina, senza la quale, assicura, «sarei stato molto più di quello che sono». Ripercorre il suo passato da leggenda vivente, il suo transito per la morte e anche del suo rapporto con Napoli e i napoletani: «Ho la sensazione - dice - che mi diedero un calcio nel sedere. Dopo tutto quello che avevo fatto». Ha molti ricordi e un unico, enorme, rimpianto: «Pensare a che padre e che giocatore sarei stato se non avessi preso la cocaina». La sua dipendenza alla droga, la sua dannazione, la spiega così: «Mi divertiva giocare, ma lo facevo con il freno a mano tirato, che era la cocaina. Perché se vai a giocare una partita di 90 minuti e durante la settimana, su cinque giorni hai dormito solo due, è chiaro che non stai dando tutto». Cosa gli apportava la droga? «Solitudine, amarezza, nostalgia», il maggiore carico da sopportare, che gli ha impedito di godere delle figlie. Dalla squalifica nel 1994, dopo che risultò positivo alla efedrina nei controlli antidoping decisa dalla Fifa («una mafia incredibile e intollerabile») ai trofei lanciati contro l’allora presidente del Barça, Joseph Nunez. «Uno come lui non può venire a comprarmi - ricorda Diego - Mi sventolò il mio passaporto sotto il naso e io cominciai a tirargli i trofei. Al terzo, mi dissero: riprenditi il passaporto». Al campionato e la coppa Uefa vinti con il Napoli. «La sensazione - confessa - fu che mi diedero un calcio nel sedere e atterrai in Argentina. Dopo tutto quello che avevo fatto. Perché i napoletani sanno bene che fui io a far vincere il Napoli. Allora c’era la convinzione che il sud non potesse vincere il nord e noi andammo a giocare contro la Juve, a Torino. E vincemmo. Qualcosa doveva scoppiare». Maradona «secondo Kusturica» non rinnega nemmeno i rapporti con la camorra: «Tutti hanno gente mafiosa intorno - sostiene l’argentino - Mi dicono: “Non farti una foto con tizio o con caio perché è un mafioso”. E che devo fare? Chiedergli i documenti? Che mi importa se è mafioso o no. Io gioco al calcio». Da idolo degli stadi ad angelo caduto in tentazione, Maradona non si considera «un esempio per nessuno». Ma nemmeno vuole «essere additato come se avessi fatto del male a qualcuno». «Se mi sono fregato - aggiunge - ho fregato solo me stesso. Il danaro l’ho guadagnato giocando e l’avrei fatto anche gratis, perché mi è sempre piaciuto. Oggi la gente mi dice: “Diego, quanto mi hai fatto felice” e io rispondo: “Non sai come lo sono stato io”. Ho goduto di ogni secondo passato in campo». di Paola Del Vecchio
FONTE : Il Mattino
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